Passa ai contenuti principali

I Paesi baltici fra passato e futuro

Sono andata a ripescare il diario delle nostre vacanze nei Baltici del 2005, viaggio anche interiore, da cui avevo tratto un articolo pubblicato sulla rivista Scienza e Pace. Con tutto quello che succede oggi, anche tra Russia e Ucraina, il mio commento dopo 16 anni è una frase della vecchia Smemo: "Se non è l'ombra del dubbio che ci fa crescere".

Che ingiustizia: un parigino non ha bisogno di far emergere ogni volta dal nulla la sua città.

Czeslaw Milosz, “La Mia Europa”

di Carolina Figini ed Enzo Cutrone (2005)

 

Estonia, Lituania e Lettonia sono Paesi affascinanti, per via dei paesaggi, dell’immenso

caleidoscopio umano che presentano e dei cambiamenti che stanno vivendo non da ultimo in

relazione all’allargamento dell’Unione Europea. E’ forse riduttivo trattarli dal punto di vista

prettamente storico, e in effetti viaggiando nei Paesi baltici ci ha colpiti più di tutto la forte

personalità di questi popoli, che non si sono arresi alla sottomissione hanno invece avuto forza e

coraggio per reinventarsi e inventare  la descrizione della loro cultura e della loro anima. Ciò

premesso, qualcuno di questi aspetti è a nostro avviso così significativo per una riflessione

nell’ambito di una cultura di pace da meritare almeno un accenno o una fotografia.


[foto1] Militarismo exposicia Il nostro reportage, relativo all’estate 2005, prende quindi le mosse

dalla mostra sul militarismo situata in località Plokstiné, a oltre 220 km da Vilnius e difficilmente

raggiungibile in mezzo alle foreste, ai laghi e ai villaggi del Parco nazionale della Zemaitija,

l’antica Samogizia. Si rischia infatti di perdersi entro questo comprensorio dedicato non solo alla

cura di ecosistemi pregevolissimi, ma anche all’educazione agronomica e ambientale e alla

preservazione delle culture anche materiali della regione, nell’ottica del superamento delle tracce

del collettivismo e, più in generale, dell’imposizione di una cultura altra anche rispetto

all’originario sentimento sacrale verso l’ambiente.

L’esposizione è ricavata da una base sovietica sotterranea e permette di visitarne integralmente le

strutture. L’installazione militare, occultamente in attività dal 1960 al 1978, ospitava missili a media

gittata R – 12 noti in codice Nato come SS – 4 Santal e ai più come quelli della crisi di Cuba.

Poiché le inquietanti immagini dei suoi meandri e del suo potenziale distruttivo sono ampiamente

disponibili in Rete, abbiamo pensato a qualcosa di diverso, una foto che mostra i “testi sacri” del

leninismo assieme all’equipaggiamento dei soldati di più Paesi Patto di Varsavia che stazionavano

qui: in questo espositore, fra l’altro, una maschera antigas.

Curiosamente, il libro in basso a destra s’intitola “Amerikos Imperializmo”. Evidentemente i

sovietici avevano un immaginario del nemico incurante della circostanza per cui armamenti e

militari in questione operavano in assoluta segretezza in una terra invasa, nota come Lituania

almeno dalla fine del Medioevo. Quanti altri conflitti implicano dinamiche simili?

Degno di nota è altresì il fatto che la guida che ci ha accompagnati, una signora sui 36 anni, fosse di

origine russa, avversa all’uso del Lituano e piuttosto orgogliosa delle vestigia in mostra. Un

atteggiamento simile, non improntato ad alcun artificioso tentativo di piazzare al turista i cimeli

sovietici, si riscontra raramente in Lituania, dove anzi si vedono, fra l’altro, persone profondamente



[foto 2 dune della penisola curlandese] commosse alla vista di teatri di guerra piuttosto antichi,

quali alcuni del conflitto franco - prussiano.

Dopo una visita più approfondita ai Paesi baltici ipotizziamo che esso rifletta più che altro una delle

loro difficoltà attuali, ovvero il futuro delle persone che in qualche modo sono collegate al vecchio

regime, a volte, come questa giovane guida, per via della loro origine. In generale si respira una

grande volontà di pace, comunque, e ciò che differisce da Paese a Paese con tutta la gamma che va

da un senso di sollievo a uno d’inquietudine sono le strategie per superare il passato e per costruire

identità patriottiche il più possibile condivise da tutti i gruppi umani che compongono il mosaico.






[foto 3 monumento alla libertà e foto 4 antenna tv nazionale] I Lèttoni usano ad esempio

proteggere e onorare anche con sempiterni picchetti armati alcuni monumenti storici del passato e

del presente, primo fra tutti il monumento alla libertà eretto dopo l’indipendenza. In tal modo si dà

modo alle persone di usufruire di spazi per meditare sulla storia, senza fermare l’incessante

cammino di costruzione tenacemente intrapreso dai più e senza nulla togliere al giubilo che le

popolazioni baltiche tributano quasi unanimemente ad altre testimonianze, forse atipiche, del genio

umano, quali le antenne delle tv di Stato.

Un’altra strategia tipica lèttone, notevolmente differente, per esempio, da quella estone di

valorizzare ampiamente il pluralismo anche esteriore anche a costo di cospicui patemi, è l’adesione

dei più allo stile di vita e all’abbigliamento globali, come in un tentativo di annullare le differenze.

Ci piacerebbe documentare la varietà del caleidoscopio umano, ma ciò richiederebbe un discorso

fotografico molto più ampio e delicato. Possiamo dire che plurimi, nel corso del nostro viaggio,

sono stati gli stimoli a confrontarci con quelle che qualcuno chiama le problematiche identitarie

dell’attualità o del “postmoderno”, senza tuttavia perdere di vista l’esperienza legata ai contenuti

ideologico – politici dei conflitti, che forse accomunano maggiormente un’Europa all’altra. Quale

migliore occasione, a tal proposito, di quella offerta dall’avvistamento dei cormorani in Lituania

occidentale? Qui, all’interno del Parco nazionale della Penisola Curlandese, caratterizzato da un

territorio sabbioso e da un mare lagunare favorevole alla loro nidificazione, stormi di

Phalacrocorax carbo sinensis poco impauriti dall’uomo volano alti dinnanzi alla terrazza di

avvistamento immersa in un’aria che sa di ozono misto al profumo dei pini. Precisamente, le loro

migrazioni si svolgono fra il Paese baltico e il Sudafrica, il che porta a escludere la possibilità che si

trovino nel Golfo persico almeno in dati periodi dell’anno e induce a riflessioni specifiche sul

carattere di alcuni conflitti che coinvolgono anche l’Europa occidentale.




[foto 5 – composé di immagini] E’ impossibile approfondire un discorso così vasto in un articolo

che ambisce soprattutto a dare un’idea di un viaggio così ricco di spunti, di varietà, di bellezza, di

umanità e di dubbi. Si può però affermare che, a 15 anni dall’indipendenza, l’area baltica pare

leggibile anche quale cartina di tornasole di molte categorie di pensiero e di molti temi usualmente

messi in discussione parlando di pace e di guerra, nonché di come, nelle parole dello scrittore

Czeslaw Milosz, sia possibile che “il luogo della nostra nascita ci divida dalle opinioni in vigore

altrove”, siano esse veicolate dai media o da altre espressioni della società, soprattutto per via della

Storia. Che da queste parti è un termine poco gradito. L’aggettivo “antico” incontra, mentre

“storico”, in alcuni luoghi, è meglio non pronunciarlo. Si può essere colpiti dall’uso che spesso ne

fanno i locali, fra cui ad esempio la signora estone che aveva avuto il privilegio di viaggiare e che

classificava fra “i vostri luoghi molto storici” Firenze, Roma, Vaticano e… Monte Cassino!

Più semplicemente, come facciamo con questi ultimi scatti, si può preferirgli tuttavia un sincero

apprezzamento al valore “artistico” delle testimonianze di una lunga storia.

Carolina Figini è redattrice e traduttrice e ha all’attivo diverse collaborazioni editoriali con collane

specializzate. Appassionata di fotografia, in questa occasione si è cimentata con la possibilità di

cogliere elementi del rapporto fra storia, paesaggio e identità nei Paesi baltici.

Enzo Cutrone è commerciante, impegnato nel volontariato e interessato alla poesia e alla

fotografia, anche di reportage. Nel viaggio in questione si è interessato soprattutto a scorgere i visi

delle persone, a volte la loro sofferenza, e a tutti i monumenti che rappresentano l’anima baltica.


Nel 2012 siamo anche diventati marito e moglie

Commenti

Post popolari in questo blog

Il matrimonio nel 2021 sarà sostenibile o non s'ha da fare

La grande DonatellaD'Anniballe, CEO e Founder di Viridi, ha scritto questo illuminante articolo sui matrimoni sostenibili, che non sono dice, solo per vegani vestiti in canapa e lino, ma veri e propri matrimoni tradizionali, con un qualcosa che però fa la dfferenza; la scelta di non inquinare, di rispettare l'ambiente, di non sprecare. Linko di seguito il suo ultimo articolo , scritto con cura e impegno e sempre molto interessante. 

Case study: La Forchetta Verde

La natura nel piatto Intervista a Stefano Capasso , il giovane e ambizioso titolare di questa Gastronomia di via Montebello a Milano , dove il cibo è rigorosamente senza latte, uova, burro e altri alimenti di origine animale e che cavalca le frontiere del digitale per non sprecare nulla. In nome del salutismo per prima cosa, ma anche dell’ambiente. La natura nel piatto. Che cosa significa e come intendete portare avanti questo valore? Per noi, fin da quando abbiamo aperto nel febbraio 2015, significa portare sulla tavola delle persone un’alternativa naturale e salutare al solito cibo della pausa pranzo in città. I nostri cibi sono tutti di origine vegetale: verdure, cereali integrali, legumi, spezie… Siamo nati cavalcando l’Expo e con un’idea di un cibo che prima ancora che alla natura fa bene a noi stessi . Vegetariano e vegano, due scelte sempre più popolari, perché sono green? Si tratta di cibi buoni che fanno la differenza in termini di salute umana.
Il libro di Realacci è interessante, ma purtroppo non sono riuscita ancora a leggerlo tutto. Per il momento ho scoperto l'ecologismo di Jonathan Safran Foer , l'autore di Ogni cosa è illuminata  (e di recenti saggi su vegetarianesimo e veganismo ) che propone di ridurre il consumo di carne per salvaguardare il clima e per ridurre un po' la violenza che c'è nel mondo.